Primo colloquio e Consulenza psicologica
Cosa faccio
Decidere di chiedere aiuto ad uno psicologo non è una cosa semplice: alla difficoltà iniziale, data dal riconoscere d’avere un problema, o un disagio non ancora bene identificato, si aggiunge la complessità del dover decidere a quale psicoterapeuta rivolgersi.
Gli interrogativi che affiorano alla mente sono vari: “come faccio a capire qual è lo psicoterapeuta a Torino giusto per me?”; “nella miriade di psicologi disponibili, come faccio a capire chi utilizza la tecnica risolutiva al mio malessere?” e ancora “cosa accade nel primo incontro con lo psicologo?”; “E se poi non mi sento a mio agio o non mi sento capito?”.
Domande assolutamente legittime, la cui chiarificazione è necessaria e preliminare a qualsiasi serio percorso di psicoterapia o sostegno. Il colloquio di consulenza psicologica risponde a questa esigenza e può risolversi nel primo colloquio, oppure richiedere un numero limitato di altri incontri.
Il primo colloquio rappresenta un vero e proprio incontro, un momento di reciproca conoscenza.
Il primo colloquio, o colloquio di consulenza psicologica, non è una semplice intervista unidirezionale, ma rappresenta un vero e proprio incontro, un momento di conoscenza reciproca, in cui sia il terapeuta che la persona sono partecipi e coinvolti in un lavoro di analisi e di comprensione che richiede una disponibilità al contatto da parte di entrambi.
Durante il primo colloquio di consulenza
Durante il colloquio di consulenza, la persona si troverà non solo ad espormi la propria domanda d’aiuto ed ascoltare le indicazioni a riguardo, ma anche a valutarmi come terapeuta e a sentire come sta “insieme a me”. Ossia, capire se si possa investire sul terapeuta in modo stabile, se ci si possa fidare e se si possa quindi iniziare un cammino condiviso, dove lavorare insieme a qualcuno, lì dove ha sempre lavorato da solo.
Dal canto mio, come psicoterapeuta, metterò a disposizione le mie competenze, la mia capacità di ascolto ed empatia per comprendere il vissuto della persona, facendo emergere bisogni e aspettative riguardo al possibile percorso terapeutico.
Il terapeuta si trova infatti di fronte ad una grande responsabilità, domandandosi: “Quale trattamento è più efficace con questa persona, con questo problema, in questo particolare momento della sua vita? Cosa posso fare io per questa persona? Come posso lavorare con lei? “.
La persona con la sua storia di vita è infatti così unica e l’apparato psichico così vario e personale che il terapeuta non può standardizzare delle regole di trattamento: compito del terapeuta sarà infatti anche quello di valutare se è in grado di offrire l’aiuto opportuno a quella persona o sarà necessario inviarlo invece ad un collega maggiormente specializzato in quel peculiare ambito.
Al termine del colloquio
Al termine del primo colloquio di consulenza, potrò dare alcune indicazioni terapeutiche e la persona potrà pormi ancora domande chiarificatrici, senza sentirsi costretta ad operare subito una scelta.
È infatti importante che la persona non decida immediatamente se proseguire o meno il rapporto professionale, ma che possa concedersi un tempo minimo per lasciar “sedimentare” dentro di sé emozioni, sensazioni e pensieri scaturiti durante il colloquio, per poter poi operare una scelta quanto più possibile consapevole e determinata.
Dopo questo primo importante passo, se la persona si sente abbastanza riconosciuta nella sua capacità di comunicare il proprio dolore, le proprie paure e le proprie speranze per il futuro, allora si potrà iniziare un percorso terapeutico, dove si condivideranno difficoltà e scoperte, si opereranno cambiamenti e trasformazioni, aprendo uno spazio mentale in direzione del futuro.
Dott.ssa Nicoletta Alberta
Psicologa Psicoterapeuta
Chiedere aiuto è il primo passo verso la guarigione
Quando richiedere
una consulenza
La richiesta di consulenza psicologica può essere motivata da circostanze di vita sfavorevoli che si protraggono da tempo, o da eventi critici che irrompono all’improvviso nella vita, e che rischiano di compromettere l’equilibrio psicologico e fisico della persona. Tali situazioni, anche in assenza di una psicopatologia, possono infatti generare un senso di inadeguatezza e disorientamento tale, da bloccare l’accesso alle proprie risorse, limitare le proprie scelte e quindi la possibilità di risoluzione autonoma.
Altre problematiche possono, invece, essere intimamente legate alle diverse fasi dello sviluppo ed emergere proprio nei momenti critici della crescita personale: dall’infanzia all’adolescenza, e dall’ingresso nel mondo degli adulti alla vecchiaia, la persona si trova ad affrontare particolari sfide, in cui la relazione con se stessi e gli altri può diventare complicata, tanto da esigere una trasformazione di alcuni propri modi di essere, in qualcosa di nuovo e più funzionale.
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